venerdì 15 agosto 2008

Un corpo femminile nell'empireo


L’Assunta, come fu detta e festeggiata molti secoli prima della proclamazione dogmatica di questa salita al cielo, è la presenza di un corpo femminile accanto alla Trinità divina nel punto sommo del Paradiso. Non è un caso che il tema dell’Assunzione sia uno dei cardini della pittura sacra, la trasfigurazione del corpo fisico e al contempo la venerazione del corpo, con Maria che alza le braccia – secondo l’iconologia ricorrente – quasi per nuotare nell’aria, coadiuvando gli angeli nel pio trasporto, confermando così che non si sta parlando di una generica sopravvivenza spirituale, che proprio di carne e ossa si tratta, e nel più puro dei cieli. Assunzione che non va disgiunta dalla morte, con lo stupore e lo sgomento degli apostoli di fronte al corpo sfatto, come lo rappresentò Caravaggio, con cattolica dottrina e messa in scena truce (prendendo a modello una prostituta, si dice, affogata nel Tevere), affinché non si dubitasse del passaggio mortale, senza alcuna magica trasformazione della materia. Quel medesimo sbigottimento manifestato dagli ancora rozzi omoni nel vedere la madre del loro maestro in volo verso l’alto, trasportata dagli angeli che devono vincere – a differenza della Ascensione di Cristo – la forza di gravità. La tomba che si svuota è il Leitmotiv di queste pitture, il tema fondamentale del cristianesimo. Di una resurrezione infatti si narra. Più trasognata è l’interpretazione sul versante orientale, a cominciare dal nome, la Dormizione di Maria, che idealizza in un dolce sonno le brutture dell’agonia, con le icone raffiguranti Cristo che accoglie un neonato, ossia l’anima di sua madre; si accenna nell’orbe bizantino a un corpo speciale, a un corpo consacrato e santificato, che nella religione romana, dal Tiziano dei Frari al Rubens dell’abside della Chiesa Nova, assume invece i caratteri concreti di una persona muliebre piena di grazia.

Quando Pio XII pensò di definire come punto di fede essenziale l’assunzione corporale di Maria di Nazareth molti cattolici, anche negli ambienti dei giovani teologi di Monaco, si preoccuparono delle possibili reazioni negative del mondo protestante, sempre sospettoso di ogni regalità della deipara, temendo una forma nascosta di idolatria, temendo cioè come la peste qualsiasi collusione con il paganesimo. E invece proprio da un illustre protestante, il calvinista Carl Gustav Jung venne l’acclamazione per il gesto di papa Pacelli, con argomenti peraltro che tradivano una gnosi di fondo. Jung cercava infatti di trasformare l’assunzione nella cooptazione divina di Maria, parlando addirittura pro domo sua, della sua psicologia del profondo, di una Trinità che accoglie in sé l’elemento femminile. Resta indiscutibile, anche nelle metafore junghiane dell’alchimia, che questa componente femminile sta ad attestare la fisicità del cristianesimo.

Il 1° novembre dell’anno santo 1950, davanti a una folla che arrivava alle sponde del Tevere, Pio XII, con la solennità che gli era propria, proclamava dall’alto del balcone della basilica vaticana questa verità di fede con le seguenti parole:
«…per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo. Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica».

Con quella «fede divina e cattolica» un giovanissimo Tiziano dipinse l’immensa pala della chiesa veneziana dei Frari. Un titolo ‘laico’, semplicemente descrittivo, del quadro potrebbe essere «Il Trionfo sulla morte», garanzia per le tombe dei dogi e degli altri personaggi sepolti in questa chiesa. Tra i monumenti funebri che riempiono il tempio francescano, c’è anche quello che gli allievi di Canova dedicarono al maestro e che ne custodisce il cuore, ebbene la malinconia neoclassica, paganeggiante, delle statue che si avviano all’Ade, nel varco oscuro della misteriosa piramide, sul modello della tomba viennese di Maria Cristina, mostra la distanza che separa le concezioni moderne del morire dalla allegra sarabanda che accompagna l’Assunta al Paradiso nel dipinto di Tiziano. Là il funerale si è cambiato in una festa campestre e celeste.