martedì 16 dicembre 2008


Calendario dell’Avvento 16. Burckhardt, presepi

Di angeli, putti, bambinelli, re magi, pastori e presepi d’autore parla Jacob Burckhardt nel saggio «La pittura e il Nuovo Testamento», del 1885, uscito in italiano nella raccolta Arte e storia. Lezioni 1844-87 (Bollati Boringhieri).

… I temi proposti dal Nuovo Testamento costituiscono un dono immenso e universalmente valido offerto dalla religione alla pittura. Non la potenza politica, non la volontà di un singolo popolo ha dettato questi episodi; essi hanno per presupposto la possibilità di essere compresi universalmente e ciò non verrà loro a mancare fino alla consumazione dei secoli. L’arte dal canto suo ha in ogni secolo fatto del suo meglio per la loro massima sublimazione. Ancora una volta e con chiara evidenza si dimostra come nell’arte sia decisivo non un «che cosa» sempre nuovo, non la continua innovazione materiale, bensì il «come», che qui si manifesta nella concezione e formulazione sempre nuova di un dato permanente. Qui infatti si annuncia il confortante fenomeno che proprio le rappresentazioni più frequenti non comportano un rilassamento dell’arte, dando origine al contrario non solo a una serie di massimi capolavori in tutti i tempi, ma anche a soluzioni dei temi in questione […].

Prima di portare il discorso sulle rappresentazioni descrittive, vogliano far menzione anche degli angeli. Originariamente essi furono presi in prestito dall’arte antica che nelle sue Niche o Vittorie aveva sviluppato la giovane figura alata, dall’abito lungo, sino a raggiungere esempi di massima bellezza. L’èra cristiana conferì loro un’anima nuova. Quali uniche figure ideali completamente libere essi dovrebbero destare la nostra massima attenzione; qui i grandi maestri raggiunsero non solo una purezza celeste, ma seppero anche infondere ad essi l’espressione del giubilo nelle glorie celesti, e quello del profondo lamento allorché gli angeli volano intorno al Crocefisso. […] Fu inoltre con gli angeli che la pittura imparò a raffigurare in maniera bella e grandiosa il volo nell’aria.

I cherubini che nell’arte cominciano ad apparire solo dal secolo XV in poi, godettero di un grande sviluppo grazie agli studi che a quel tempo furono fatti per il Bambino Gesù della cui idealità e vitalità essi furono partecipi. Soltanto in tal modo fu possibile al medesimo Raffaello, che creò il Bambino della «Madonna del passeggio», dipingere anche il meraviglioso fanciullo con la tavola in primo piano nella «Madonna di Foligno». L’arte più tarda si è spesso avvalsa in gran profusione dei puttini, Rubens li sistemò in ghirlande intere, Murillo in gruppi disseminati a seconda di come il vento spinge le nubi su cui essi si trovano. Anche in essi il dettaglio continua ad esser ricco di cose belle e leggiadre. […]

L’adorazione dei pastori è il soggetto della bellezza più intima, non trattandosi affatto di una cerimonia, bensì fiorendo in pura commozione ed estasi. Sono i poveri, ma sono anche i primi testimoni, cui gli angeli hanno dato l’annuncio, accompagnandoli – secondo i pittori – fino alla stalla. Qui si rende giustizia alla bellezza specialmente della povera gente italiana, dal pastore vegliardo alla giovine pastorella; talvolta alcuni di essi suonano la zampogna e il piffero, quali divertimenti pastorali. Dal momento che la scena è notturna solo i pittori fiamminghi e tedeschi quali Baldung e Holbein osarono far emanare la luce del Bambino che risplende nella stalla; soltanto alcuni anni più tardi Correggio creò la sua Notte Santa. Rubens dal canto suo è nei suoi cinque quadri di questo contenuto gioviale e cordiale come sempre.

Giungiamo solo adesso al soggetto potente, una vera grazia dell’arte, all’Adorazione dei Magi. Come il lontano Oriente si era messo in cammino per volontà divina, così da allora l’arte di sedici secoli, a partire dagli antichi sarcofagi e mosaici cristiani, si è messa periodicamente in cammino, ogni volta offrendo a tale tema tutte le sue forze e i suoi doni, et obtulerunt ei munera.

Alle cinque figure principali, la Madre, il Bambino e i Re Magi, si accompagnò con l’andar del tempo, per tanto zelante devozione, un poderoso seguito protraentesi fino a remote lontananze, sino a unità di soldati che avanzano tra le montagne; Benozzo Gozzoli anzi protrasse il seguito, nei suoi affreschi della Cappella Medicea al Palazzo Riccardi, per le tre pareti della stanza. Nella vicinanza più immediata dell’evento si andò persino formando una calca, come nella nota opera d’altare di Gentile da Fabriano. Era ormai tempo che riaffiorasse nuovamente la semplicità potente ed era questo il compito postosi da Leonardo nel quadro incompiuto, appena abbozzato, agli Uffizi; la Madre e il Bambino al centro del quadro sono qui circondati da un rigoroso semicerchio di persone in piedi, inchinate e inginocchiate in preda alla commozione più profonda…