martedì 17 marzo 2009

minima / Metempsicosi e potature
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I politici appaiono insopportabili soprattutto per via dell’enfasi. La Chiesa e l’arte, per fare due esempi, da tempo ormai ricorrono al sottotono, esagerando anche magari, ma nella democrazia italiana del XXI secolo si usa riproporre la propaganda in voga ai tempi della guerra di trincea. Stamattina, i muri di Roma erano ricoperti di grossi manifesti dove a caratteri cubitali e interamente in maiuscolo si poteva leggere: «Potati 108 lecci a Castel Sant’Angelo dopo dodici anni», e poco più in là: «Potate 189 robinie a Piazzale Clodio dopo dieci anni», mentre altre affiches, ancora più grandi, annunciavano il bilancio della campagna per lo sfrondamento, informandoci sul totale dei tagli eseguiti. Sotto ogni proclama appariva una scritta sconcertante: «Roma rinasce». Nei suoi millenni di vita, la città eterna è rinata due o tre volte, e per una di queste gloriose imprese si è coniato il termine rinascimento che ha avuto una certa fortuna; quale colpa avrà mai commesso adesso per essere costretta, secondo la masochistica dottrina orfica, a reincarnarsi in una pubblica giardiniera, in una impiegata comunale?
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In quale altra città d’Europa si urlerebbe in questo modo sui muri per informare i cittadini intorno alla normale attività cesoria? In quale altra città d’Europa si appiccicherebbero manifesti fuori misura, e fuori dagli spazi riservati – tappezzando per chilometri le pareti di case anche appena ridipinte –, per la riunione di una locale sezione politica, per un convegno, per una polemica sindacale? A Roma c’è un inquinamento ottico impressionante. Che almeno i governanti della città diano il buon esempio: comunichino con sms, emails, telefonate, nunzi provvisti di tamburo e perfino di trombe, ma lascino in pace i muri, già martoriati dagli imbrattatori impuniti.