domenica 5 aprile 2009

minima / Due preti
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Sull’autobus, due preti chiacchieravano fra loro in un italiano preso in prestito. Una istantanea del cattolicesimo odierno. Ambedue giovani, uno esprimeva entusiasmo per gli studi che stava facendo, voleva addirittura organizzare una tavola rotonda sull’etica di non si capiva che cosa; l’altro, più disincantato, soppesava la parola etica e con la mimica dello scocciato dalle mode le toglieva l’alone magico. Aggiungeva: «io non ne posso più di studiare». Era impegnato in una parrocchia. Quello tutto studi e morale in voga raccontava di non possedere più un telefonino, «meglio così, una scelta meno consumistica», scandiva sorridendo. Il più pratico ricordava allora che con il mestiere di parroco non si può fare a meno di comunicare tutti i giorni e con tutti. «E bisogna lasciarlo acceso anche di notte, se c’è qualcuno che muore… ».
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I medici, anche psichiatri, staccano il collegamento con i loro pazienti. Ma c’è chi nel sonno si tiene pronto a uscire dal letto per accorrere nella casa del moribondo. Non deve arrivare con un medicinale o con un apparecchio meccanico per constatare la disfunzione fisica in cambio di una parcella, bensì aiutare a morire. Un’espressione che recentemente ha cominciato a prendere tutt’altro significato. Ma il parroco viene a dare forza con la presenza, le parole di speranza, il sacramento. Pronto ad ascoltare i peccati di una vita di chi magari si è deciso a vuotare il sacco negli ultimi istanti, e guai a lasciarlo con il rimorso per un lieve ritardo. Assistere gli umani nell’ora suprema, accompagnandoli alla soglia del trapasso misterioso fin dove è possibile, rappresenta una singolare esperienza. Nei consueti elenchi giornalistici sui personaggi della notte, dai poliziotti alle prostitute, questi speciali assistenti, queste figure davvero eccentriche, non vengono mai menzionati. Ricordiamocene quando busseranno per la benedizione pasquale, sfidando i sorrisini ironici di molti che richiudono subito la porta.