giovedì 19 novembre 2009

minima / Le croste dei Musei Vaticani

Per colmare la «divaricazione tra fede e arte» son stati convocati in Vaticano sabato 21 novembre degli strani ospiti: qualche rispettabile scrittore, musicisti di vario genere, rari scultori, molti cinematografari, canzonettisti, fotografi, ballerini e mondani che fanno i soldi con le ‘installazioni’ ridanciane. Dio solo sa come tutta questa gente possa contribuire anche nel più contorto e miracoloso dei modi alla rinascita dell’arte sacra. Comunque alla vigilia dell’incontro con il papa nella Cappella Sistina, gli ospiti saranno accompagnati in un luogo poco frequentato dei Musei Vaticani, quello dedicato ai contemporanei, dove sono riunite opere per lo più tristanzuole, per esempio quadri e bozzetti, molti bozzetti, su infelici e malati, quasi che nella modernità l’arte cattolica fosse ridotta a una specie di Croce Rossa estetica. Alain Besançon, nella prefazione al suo L’image interdite (che i lettori dell’«Almanacco» trovano spesso citato), ricorda che fu tra l’altro l’esplorazione di questa appendice dei Musei, dove l’arte sacra diventa sentimentalismo scontento, dolorismo senza speranza, a spingerlo alla poderosa riflessione sull’iconoclastia dei nostri tempi: «Un segno di cattivo augurio fu la visita della sezione contemporanea dei Musei Vaticani, che segue quelle antiche e le collezioni di pittura raccolte dai papi di un tempo. Davanti a queste croste, si è colpiti da uno spavento che va al di là dell’arte. In nessuna altra parte l’angoscia del cristianesimo moderno appare in una luce più cruda – una luce da ospedale. Davanti a queste povere cose aggressive (ci si abbassa fino a Bernard Buffet!), invano si cerca il più effimero riflesso della maestà che Raffaello, nelle Logge lì accanto, trasmetteva dal divino e al divino». Se questo è il modello…
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