giovedì 7 gennaio 2010

minima / Presepi

Se ne sono visti molti quest’anno, nelle chiese e nelle case, presepi improntati alla migliore tradizione iconografica. Ma quello che impressionava in quasi tutte queste messe in scena della natività era la più elementare mancanza di proporzioni: si alernava magari il ‘giorno e la notte’, con luci ad alta tecnologia che rendevano in maniera teatrale le sfumature delle albe e dei crepuscoli, si ammiravano ricostruzioni filologiche di Spaccanapoli o di villaggi della Palestina, panorami veritieri degli Appennini e della Campagna romana, però qua e là si stagliavano dei giganti che colpivano a morte ogni verosimiglianza. Gli anonimi autori capovolgendo l’ordine, collocavano in primo piano i personaggi di dimensioni ridotte e, dietro, quelli più grandi, con l’effetto di tanti colossi di Rodi disseminati. Come mai anche in artigiani periti questa mancanza di interesse per la corretta collocazione delle figure nello spazio? La mimesi non conta più niente? La restituzione illusionistica della realtà non è cosa dei mastri presepiari? Le leggi della prospettiva non fanno più parte del modo di comporre un’immagine? Un secolo di dissonanze espressioniste e di ‘informale’ ha modificato la nostra percezione, quanto meno il nostro gusto? A sentire chi insegna nelle scuole d’arte, sì.
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