lunedì 18 gennaio 2010

minima / La morte delle palme

La «peste rossa» viene dalla Sicilia. Le prime palme si ammalarono laggiù, morendo a migliaia già qualche anno fa. Ma l’allarme non ha avuto alcuna particolare risonanza. Risalendo la penisola, il punteruolo rosso, il micidiale parassita asiatico frutto della globalizzazione selvaggia, è sbarcato nel Lazio, cambiando i connotati ai paesaggi marini raffigurati da pittori e incisori dell’Ottocento. La scorsa estate si vedevano gli effetti delle stragi al Circeo. Si sperava che l’intervento pubblico bloccasse l’epidemia prima che raggiungesse la capitale. Ma le istituzioni regionali son rimaste pressoché indifferenti, denunciava il «Corriere della Sera». Così adesso anche nella città eterna si presenta la scena desolante delle chiome afflosciate, dei rami secchi, dei tronchi decapitati. Tra poco, annunciano autorevoli esperti, spariranno le palme di Trinità dei Monti e di Villa Torlonia. Nel giro di pochi anni anzi le palme saranno cancellate dalla città. È impressionante il fatto che l’opinione pubblica discuta ossessivamente della bufala sul clima e non si spaventi all’idea che il panorama di Roma stia cambiando davanti ai nostri occhi. È bastata una passeggiata domenicale per accorgersi che l’epidemia ha toccato il centro storico e uccide al Colle Oppio, nella piranesiana piazza dei Cavalieri di Malta, a Villa Celimontana e a piazza Cavour dove il palmeto era già stato decimato dai lavori per la metropolitana. Nulla sarà più come prima, almeno per quanto riguarda la vita nostra e dei nostri figli; qualcuno già scatta le foto per i posteri. Questo sì è un vero evento culturale benché negativo. La politica però discute d’altro, anche quella che si pretende ‘verde’. Nessuno si scompone per l’immagine della città straziata (l’iconoclastia corrompe i cuori). Forse la proposta avanzata dal rabbino capo nell’incontro di ieri con il papa, tra linguaggi invero più da funzionari Onu che da religiosi, è una delle poche considerazioni che suona opportuna, anche perché ricorre a espressioni profetiche: «Bisogna ricordare che nella Bibbia ebraica non compare mai la parola natura, come cosa indipendente, ma solo il concetto di creato e creatura. Siamo tutte creature, dalle pietre agli esseri umani. […]Possiamo per questo condividere un progetto di ecologia non idolatrica».
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