martedì 28 settembre 2010

Tagli e ritagli

~ CHIOSE UN PO’ GROSSOLANE, NE SIAMO CONSAPEVOLI,
A UNA PROFESSORALE ‘LETTERA APERTA’ ~

Chissà in quanti uffici pubblici i burocrati avranno preso le forbici per ritagliare l’articolo del «Corriere», opportunamente fotocopiato e ingrandito, sui cosiddetti «tagli alla cultura», in specie alle biblioteche, per appenderlo quindi in qualche bacheca e farsi forti di una così autorevole opinione (quelli che magari con vari corsi hanno imparicchiato a muoversi nella rete universale si saranno serviti del copia & incolla per scambiarsi il pezzo in guisa di mutuo conforto). Nella ‘lettera aperta’ al bonario ministro della Cultura, il Professore si è unito al coro di chi vorrebbe che non si lesinassero gli euri per le biblioteche, come del resto per tutto ciò che innalza lo stendardo della «cultura», dove evidentemente dovrebbe bastare la magica parola per aprire le borse. L’insigne storico avrà sicuramente ragione e ha già ottenuto il consenso di tutti coloro che si occupano di biblioteche e che sono addottorati nella scienza per gestirle, noi modestissimi utenti (come veniamo definiti), ci permettiamo di avanzare qualche dubbio. Anzitutto, se il Prof. spiega che lo Stato continua a pagare regolarmente gli stipendi e che non ha minacciato alcuno di licenziamento, non capiamo quale sia il problema. Che non si può procedere a nuove assunzioni, che il personale bibliotecario si assottiglia, che non c’è nessuno per aggiornare i cataloghi? Ma allora perché alla Nazionale di Roma, tanto per fare un esempio, i pubblici impiegati per ingannare la noia chiacchierano ininterrottamente impedendoci di leggere? Certe volte, dopo aver sentito parlare per ore di vacanze, ‘ponti’ e collage di ponti, di isole tropicali, di ristoranti in Indonesia e di alberghi in Egitto, càpita di protestare e di ottenere un quarto d’ora di tregua, poi ricomincia il cicalio, segno che non si ammazzano di fatica. Alla Biblioteca di storia, a Palazzo Caetani, tanto per fare un altro esempio, sono molti di più gli addetti che i lettori. Eppure si deve attendere che finiscano le loro interminabili conversazioni prima che ti vadano a prendere un libro. Ma il Professore si lamenta anche del fatto che il governo crudele non garantisca delle somme per gli extra. Fosse vero, si riuscisse a evitare i concerti, i teatrini, le mostre, i dibattiti dove dovrebbe regnare semplicemente il silenzio.

Mancano i soldi ma domenica prossima si tiene in tutta Italia una mega-manifestazione – «Domenica di carta» è il desolante titolo da asilo infantile – con biblioteche aperte l’intero giorno, visite guidate, ‘eventi’ scontati, una inutile pubblicità per promuovere i fondi librari. Sullo sfondo di una grossa chiave, «La cultura è apertura» rima lo slogan: capperi, che significato da brivido! Ma vi pare che i lettori delle cinquecentine vadano presi per la collottola e attirati con canti e suoni come si fa per la Coca-cola? I bibliomani sono una setta, anche se di massa, che non ama il proselitismo.