lunedì 13 giugno 2011

I fiori del bene

~ PRIMA DI DIRE «SORELLA ACQUA»
E GIOCARE A FARE I FRANCESCANI IN POLITICA ~

Dopo che l’agitarsi di preti e laici intorno a «sora acqua» ha fatto da apripista alla vittoria di una fazione politica che con l’acqua francescana ha davvero poco a che vedere, è meglio rammentarsi della figura di san Francesco come la raccontano i suoi discepoli, liberandoci dai cliché ridicoli che riducono l’alter ego di Cristo a un fraticello pacifista e sinistrorso. Insomma, non tirate per il saio Francesco dalla vostra parte politica. Ascoltate i testimoni, gli agiografi incantati dei Fioretti.

«In prima è da considerare che ’l glorioso messere santo Francesco in tutti gli atti della vita sua fu conforme a Cristo benedetto: ché come Cristo nel principio della sua predicazione elesse dodici Apostoli a dispregiare ogni cosa mondana, a seguitare lui in povertà e nell’altre virtù; così santo Francesco elesse dal principio del fondamento dell’Ordine dodici compagni possessori dell’altissima povertà. E come un de’ dodici Apostoli, il quale si chiamò Iuda Scariotto, apostatò dello apostolato, tradendo Cristo, e impiccossi se medesimo per la gola: così uno de’ dodici compagni di santo Francesco, ch’ebbe nome frate Giovanni dalla Cappella, apostatò e finalmente s’impiccò se medesimo per la gola. E questo agli eletti è grande esempio e materia di umiltà e di timore, considerando che nessuno è certo perseverare infino alla fine nella grazia di Dio. E come que’ santi Apostoli furono a tutto il mondo maravigliosi di santità e d’umiltà, e pieni dello Spirito Santo; così que’ santi compagni di santo Francesco furono uomini di tanta santità, che dal tempo degli Apostoli in qua il mondo non ebbe così maravigliosi e santi uomini». Fedelissimo nell’imitazione del Crocifisso, con un Giuda impiccato tra i suoi, non si sente qui l’aria melliflua del francescanesimo di maniera.

Aveva donato tutte le sue ricchezze e quelle dei suoi amici, abbandonando anche la propria croce per seguire quella di Cristo. Fece molta penitenza, ed eccessiva: «frate Bernardo disse: ‘Or dite, padre quello che voi volete ch’io faccia’. Allora disse santo Francesco: ‘Io ti comando per santa ubbidienza che, per punire la mia prosunzione e l’ardire del mio cuore, ora ch’io mi gitterò in terra supino, mi ponga l’uno piede in sulla gola e l’altro in sulla bocca, e così mi passi tre volte e dall’uno lato all’altro, dicendomi vergogna e vitupero, e specialmente mi di’: ‘Giaci, villano figliuolo di Pietro Bernardoni, onde ti viene tanta superbia, che se’ vilissima creatura’».

Un tale uomo non credeva che il senso della sua missione fosse nell’apparire santi e perbene alla pubblica opinione («Frate Lione, avvegnadioché li frati Minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e di buona edificazione nientedimeno scrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia»), né tantomeno che il senso della vita fosse nella conoscenza e nella scienza: «O frate Lione, se ’l frate Minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienze e tutte le scritture, sì che sapesse profetare e rivelare, non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e delli uomini; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». O anche: «O frate Lione, pecorella di Dio, benché il frate Minore parli con lingua d’Agnolo, e sappia i corsi delle istelle e le virtù delle erbe, e fussongli rivelati tutti li tesori della terra, e conoscesse le virtù degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e delle pietre e delle acque; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». Spiegando quindi dove trovare la chiave della felicità: «‘Quando noi saremo a santa Maria degli Agnoli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta dello luogo, e ’l portinaio verrà adirato e dirà: ‘Chi siete voi?’ e noi diremo: ‘Noi siamo due de’ vostri frati’; e colui dirà: ‘Voi non dite vero, anzi siete due ribaldi ch’andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri; andate via’; e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e colla fame infino alla notte; allora se noi tanta ingiuria e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbarcene e sanza mormorare di lui, e penseremo umilmente che quello portinaio veramente ci conosca, che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Lione, iscrivi che qui è perfetta letizia. E se anzi perseverassimo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate dicendo: ‘Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non mangerete voi, né albergherete’; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore; o frate Lione, iscrivi che quivi è perfetta letizia. E se noi pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro, e quelli più scandolezzato dirà: ‘Costoro sono gaglioffi importuni, io li pagherò bene come son degni’; e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia». Solo tipi del genere possono parlare di «sorella acqua» senza apparire ipocriti e ridicoli. Se uno dice «frate Sole» non lo si confonda con un ecologista, ci si ricordi che più in là dice anche «sorella morte corporale», è un santo cristiano che brama il Cielo non un politico.

A chi si inorgoglisce nel condannare i costumi morali degli altri, Francesco ricordava che è compito del cristiano sentirsi il peggiore, non l’eletto, agli occhi divini: «quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me; e però a fare quell’operazione maravigliosa, la quale egli intende di fare, non ha trovato più vile creatura sopra la terra, e perciò ha eletto me per confondere la nobilità e la grandigia e la fortezza e bellezza e sapienza del mondo, acciò che si conosca ch’ogni virtù e ogni bene è da lui, e non dalla creatura, e nessuna persona si possa gloriare nel cospetto suo; ma chi si gloria, si glorii nel Signore, a cui è ogni onore e gloria in eterno». Perciò quando parlava, talvolta, come capitò ai patriarchi biblici, Dio appariva in mezzo a lui e i confratelli, e talvolta i suoi santi celesti.

E trasformò un lupo feroce in una specie di agnellino, le tortore selvatiche in tortore domestiche, un frate indemoniato in un buon cristiano, affrontò anche i «ladroni omicidi» senza vezzeggiarli, anzi rimproverandoli aspramente, convertendone uno in un pio frate: e queste son cose che permettono di parlare onestamente di «sorella acqua». Senza dimenticarsi che per Francesco anche il lupo appariva un fratello piuttosto che un violento minaccioso.

Ma non era un frate «dialogante» con le altre religioni, semplicemente un annunciatore del Vangelo. Si recò con dodici confratelli dal «Sultano di Babilonia» (il nipote del Saladino), nelle terre dei saraceni, «ove si guardavano i passi da certi sì crudeli uomini, che nessuno de’ cristiani, che vi passasse, potea iscampare che non fosse morto: e come piacque a Dio non furono morti, ma presi, battuti e legati furono e menati dinanzi al Soldano. Ed essendo dinanzi a lui santo Francesco, ammaestrato dallo Spirito Santo predicò sì divinamente della fede di Cristo, che eziandio per essa fede egli voleano entrare nel fuoco». Certo, non offriva le chiese per la preghiera musulmana.

Non trescava neppure con l’eresia catara, non vedeva ossessivamente il mondo diviso tra bene e male, ammirava anzi la meraviglia del creato e rispettava la gerarchia ecclesiastica, anche quando gli uomini che la incarnavano apparivano corrotti: di fronte a un prete peccatore si limitò a baciargli le mani che consacravano l’ostia. A differenza dei catari, mangiava carne e uova, rispettava tutte le creature senza confondere gli animali con l’uomo, posto da Dio sopra l’intero universo.

In politica si può ricorrere a una simile figura? Non si tratta forse di un uso strumentale, e un po’ ignobile, di un santo irraggiungibile per fini assai vili? Si penta dunque chi giubila stasera in nome di Francesco per una vittoria di Pirro e terribilmente mondana.